sabato 13 ottobre 2007

Maria, madre e Madonna

Uno dei motivi che mi hanno portato a ripensare alla mia formazione umana e teologica è stato, nella mia breve esperienza sacerdotale, la pressante richiesta di parlare di Maria. In particolare della sua verginità e dei suoi interventi miracolosi. Questa richiesta collideva un po’ contro il fatto che per me la venerazione della Madonna non fosse poi così importante. Ricordo come un peso la pressione psicologica a dire il rosario, l’invito a meditare testi che riuscivano a far dire a quella donna silenziosa un’infinità di promesse, poesiole, insegnamenti morali.
Potevo fare come certi preti che con una grande capacità di adattamento sanno trasformare le proprie convinzioni e fanno diventare importante per sé ciò che è importante per gli altri. Non l’ho fatto, o perlomeno ci ho provato, ma senza risultati positivi e oggi mi accorgo che nella mia formazione mancano alcuni collegamenti importanti, tra la donna di Nazareth e la Madre di Dio, tra la ragazza promessa sposa di Giuseppe, e la Vergine Immacolata Concezione che troneggia su tanti altari laterali.
Mi sono così accostato alla bibbia per verificare di persona l’importanza ed il significato della verginità alle origini del cristianesimo.
La verginità, ed in particolare la verginità di Maria stanno al fondamento di una intera impostazione ecclesiale, di una certa visione del sacerdozio, della consacrazione, della sessualità, dell’attesa miracolosa di eventi salvifici. Sono ormai incalcolabili le parrocchie, i santuari, gli ordini di suore e perfino le piccole città dedicate alla madonna. Generazioni intere si sono nutrite di certe "verità" di fede, e non è facile ora andare a toccarle. L’obbedienza, la castità, la povertà, con tutto ciò che ne deriva: monachesimo, concetto della donna, gerarchia, liturgia, (basti pensare a questo proposito alla sola dimensione del canto liturgico che si è sviluppato reprimendo ogni minimo coinvolgimento del corpo) tutto, insomma, prende esempio dall’icona di Maria Vergine e Madre. Quella verginità che all’origine era un supporto per consolidare il messaggio dell’Incarnazione oggi si ritrova un altare tutto suo; è una religione nella religione, baluardo di una morale rigorosa ed asessuata, e di un interventismo ultraterreno spropositato.

Verginità nell’Antico Testamento
Vergine nella cultura biblica è prima di tutto la fanciulla non ancora sposata. La verginità in Israele non è uno stato di vita permanente, non è una scelta di vita, ma una condizione essenziale per giungere puri al matrimonio. La donna vergine è la ragazza giovane che non ha avuto ancora rapporti sessuali in vista del matrimonio.
La verginità permanente, al pari della sterilità, è una condizione umiliante (Rachele in Gen 30, 23; Anna in 1 Sam. 1,11; la figlia di Jefte in Giudici 11,37; Elisabetta in Lc 1,25). Il popolo doveva crescere e moltiplicarsi, secondo la stessa promessa di Dio ad Abramo. I figli quindi erano il miglior segno della benedizione divina. Ciò nonostante la verginità era stimata prima del matrimonio come segno di preparazione ad esso (Gen 24, 16), ma non certo come valore in sé.
Ecco alcuni testi esemplificativi
Genesi 24:16 Ecco uscire, con la sua brocca sulla spalla, Rebecca, figlia di Betuel figlio di Milca, moglie di Naor fratello d'Abraamo. La fanciulla era molto bella d'aspetto, vergine; nessun uomo l'aveva conosciuta.
Levitico 21:13-14 (il sacerdote…) sposerà una vergine. Non sposerà né una vedova, né una divorziata, né una disonorata, né una prostituta; ma prenderà per moglie una vergine del suo popolo.
Geremia 29:6 prendete mogli e generate figli e figlie; prendete mogli per i vostri figli, date marito alle vostre figlie perché facciano figli e figlie; moltiplicate là dove siete, e non diminuite.

Al momento del matrimonio la fanciulla dunque deve essere vergine. La verginità è garanzia affinché il marito non maltratti la moglie. La legge di Mosé infatti viene in aiuto di lei ed obbliga l’uomo a non ripudiarla e tenerla con sé. La peggiore umiliazione per una donna, sarebbe in caso contrario, quella di essere cacciata di casa, restare senza uomo e senza figli.

La donna dopo il peccato
Il racconto della creazione viene redatto tardivamente rispetto al racconto dell’esodo, ai salmi ed ad alcuni profeti, perché la riflessione del popolo ebraico solo dopo diverse deportazioni si è posta domande sulle origini dell’umanità e sull’origine del peccato: perché c’è il male nel mondo, se il nostro Dio è buono? Con i primi capitoli della Genesi si vuole indagare nel progetto divino e nella conseguente caduta a causa del peccato umano. E’ chiaro che la "pena" che Dio infligge ad Adamo ed Eva altro non è per l’autore che un’analisi della dura realtà in cui vive. Là dove il libro della Genesi ci spiega perché il male è entrato nel mondo, noi impariamo le condizioni di vita di allora, ed il concetto di "male" per l’ebreo antico. In particolare ci interessa in questo contesto la visione della donna.
Dopo il peccato originale Dio dice alla donna:
Gen. 3, 16 Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà.
L’autore descrive le sofferenze che vede attorno a sé come punizione divina. La realtà che mostra è quella di una donna che partorisce molti figli e soffre nel parto. Una donna dominata dal marito ed associata, nella sua femminilità, alla sola azione di partorire e crescere i figli.
Tale concetto lo si può ritrovare anche altrove.
Giudici 19:24 - Meglio l’abuso della figlia che il disonore dell’ospite
2Samuele 13:2 - Storia di una violenza carnale
1Re 1:2 - Una compagna per il vecchio re Davide
Siracide 42:14 – "Meglio la cattiveria di un uomo che la bontà di una donna"
La donna non sposata porta con sé una vergogna insopportabile. La verginità è una cosa da "togliere via".
Isaia 4:1 In quel giorno, sette donne afferreranno un uomo e diranno: "Noi mangeremo il nostro pane, ci vestiremo delle nostre vesti; facci solo portare il tuo nome! Togli via da noi il disonore!"
Isaia 23:4 Vergognati, o Sidone! Poiché così parla il mare, la fortezza del mare: "Io non sono stata in doglie, e non ho partorito, non ho nutrito giovani, non ho allevato vergini".

Il simbolismo dei profeti: Israele è la vergine di Yahvé
Con gli scritti dei profeti la verginità assume nel mondo biblico anche un significato simbolico di appartenenza al Signore Dio. Il popolo d’Israele è "la vergine" perché non conosce altri dei. Al contrario, quando il popolo segue gli idoli stranieri viene accusato di prostituzione (Ezechiele 23), come accade ad una donna infedele al proprio marito.
2Re 19:21 e Isaia 37:22 Questa è la parola che il Signore ha pronunziata contro di lui (Sennacherib, re d’Assiria): La vergine figlia di Sion ti disprezza, si fa beffe di te; la figlia di Gerusalemme scrolla il capo dietro a te.
Isaia 62:5 Come un giovane sposa una vergine, così i tuoi figli sposeranno te; come la sposa è la gioia dello sposo, così tu sarai la gioia del tuo Dio.
Il popolo è "vergine" quando resta fedele al proprio Dio; è una prostituta quando lo rinnega. Questo messaggio è diffuso negli scritti dei profeti. Si parla di prostituzione in riferimento all’idolatria, più che ad un atto fisico. Tutto il capitolo 16 di Ezechiele è una parabola accurata dell’amore di Dio per il suo popolo all’interno di un linguaggio amoroso, di coppia. Un rapporto rovinato non certo dall’atto sessuale, ma, peccato ben più grave, dall’idolatria, dal rivolgere il cuore verso altri dei.

Verginità nel Nuovo Testamento
Il Nuovo Testamento non è "nuovo" per cultura, o per linguaggio, o per abitudini sociali, comprese quelle legate alla sessualità. La novità sta nel fatto che una persona, Gesù, figlio di Maria di Nazareth, è il messia atteso dal popolo e tutto ciò che egli dice e fa viene letto dagli evangelisti come una realizzazione delle antiche promesse.
I vangeli, al pari dei testi più antichi, non parlano di verginità come scelta di vita. La ragazza vergine è ancora la stessa dell’antico testamento. Gli evangelisti Marco e Giovanni, e pure Paolo nelle sue lettere apostoliche, non parlano della nascita di Gesù, e tanto meno della verginità di sua madre.
Ampio spazio troviamo invece sul mistero dell’incarnazione nei vangeli di Matteo e Luca, nei così detti vangeli dell'infanzia, scritti circa cinquant’anni dopo la morte e resurrezione di Gesù.
Matteo dice che il concepimento di Gesù fu un evento operato dallo Spirito Santo, prima che Maria andasse a vivere con Giuseppe. Giuseppe, questo è chiaro, non è il padre del bambino. (Mt 1,18).
Pare chiaro dai vangeli dell’infanzia che la straordinarietà della nascita del bambino non risiede nella verginità permanente della madre, ma nell’azione dello Spirito Santo in questo specifica gravidanza.
Matteo 1:18-23 La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla a infamia, si propose di lasciarla segretamente. Ma mentre aveva queste cose nell'animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati". Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: "La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele", (Isaia 7, 14) che tradotto vuol dire: "Dio con noi". Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l'angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé la sua sposa e non ebbe con lei rapporti finché ella non ebbe partorito un figlio che egli chiamò Gesù.

Per ora faccio una sola semplice annotazione sulla citazione che Matteo fa di Isaia 7, 14, la quale assume nei secoli successivi un’importanza enorme. Agli occhi dei padri della chiesa essa è la prova principale della scelta verginale di Maria. Il brano è una profezia di sette secoli precedente alla nascita di Gesù. Una citazione presa alla lettera per quella vergine che tale deve restare per i Padri affinché sia chiaro che quel figlio è speciale dal suo concepimento.
Luca 1:27-38 Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città di Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine fidanzata a un uomo chiamato Giuseppe, della casa di Davide; e il nome della vergine era Maria. L'angelo, entrato da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia; il Signore è con te". Ella fu turbata a queste parole, e si domandava che cosa volesse dire un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre. Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine". Maria disse all'angelo: "Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?" L'angelo le rispose: "Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà dell'ombra sua; perciò, anche colui che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio. Ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia; e questo è il sesto mese, per lei, che era chiamata sterile; poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace". Maria disse: "Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola". E l'angelo la lasciò.

Nel confronto tra i due brani notiamo che il racconto di Luca è molto diverso da quello di Matteo, ma non lo contraddice. Mentre in Matteo l’angelo parla solo con l’uomo di casa, con Giuseppe, mentre Maria si "ritrova" in cinta per opera dello Spirito Santo, in Luca troviamo tutto il racconto dell’annunciazione dell’angelo a Maria. Entrambi i brani hanno comunque la preoccupazione di narrare la straordinarietà dell’evento. Questo concepimento non avviene secondo le leggi della natura, ma per la forza dello Spirito di Dio. In entrambi i casi sembra chiaro che la verginità di Maria indichi la sua mancanza di rapporti sessuali nel periodo precedente alla nascita di Gesù.
Comunque, là dove noi leggiamo "vergine" la TOB traduce il relativo vocabolo greco parthenos, con "jenue fille", che significa "ragazza" e non "vergine", "questo perché oggi il termine "vergine" appartiene al vocabolario medico come pure al linguaggio religioso per designare Maria o una categoria di sante, mentre nel vangelo essa designa qualunque ragazza". Ragazza certamente pura, ancora non sposata, ma ben lungi dall'aver fatto voto di verginità.

Le lettere
Con S.Paolo si comincia a far strada l’idea di vivere rimanendo vergini. La verginità è considerata superiore al matrimonio. A favore di questa nuova vocazione agisce sicuramente la certezza che "il tempo diventa breve…" e la fine del mondo sia vicina. Il brano che segue esprime bene questo cambiamento di vedute
1Corinzi 7:25-37 Quanto alle vergini non ho comandamento dal Signore; ma do il mio parere, come uno che ha ricevuto dal Signore la grazia di essere fedele. Io penso dunque che a motivo della pesante situazione sia bene per loro di restar come sono; poiché per l'uomo è bene di starsene così. Sei legato a una moglie? Non cercare di sciogliertene. Non sei legato a una moglie? Non cercar moglie. Se però prendi moglie, non pecchi; e se una vergine si sposa, non pecca; ma tali persone avranno tribolazione nella carne e io vorrei risparmiarvela. Ma questo dichiaro, fratelli: che il tempo è ormai abbreviato; da ora in poi, anche quelli che hanno moglie, siano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che si rallegrano, come se non si rallegrassero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano di questo mondo, come se non ne usassero, perché la figura di questo mondo passa. Vorrei che foste senza preoccupazioni. Chi non è sposato si dà pensiero delle cose del Signore, di come potrebbe piacere al Signore; ma colui che è sposato si dà pensiero delle cose del mondo, come potrebbe piacere alla moglie e i suoi interessi sono divisi. La donna senza marito o vergine si dà pensiero delle cose del Signore, per essere consacrata a lui nel corpo e nello spirito; mentre la sposata si dà pensiero delle cose del mondo, come potrebbe piacere al marito. Dico questo nel vostro interesse; non per tendervi un tranello, ma in vista di ciò che è decoroso e affinché possiate consacrarvi al Signore senza distrazioni. Ma se uno crede far cosa indecorosa verso la propria figliola nubile se ella passi il fior dell'età, e se così bisogna fare, faccia quello che vuole; egli non pecca; la dia a marito. Ma chi sta fermo in cuor suo, e non è obbligato da necessità ma è padrone della sua volontà e ha determinato in cuor suo di serbare vergine la sua figliola, fa bene. Perciò, chi dà la sua figliola a marito fa bene, e chi non la dà a marito fa meglio.


Nei vangeli la scelta della verginità viene avvallata dallo stato di vita di Gesù stesso, e prima di lui di Giovanni Battista.

Evoluzione storica degli avvenimenti e dei testi
I vangeli dell’infanzia, quelli in cui si parla della nascita di Gesù, sono quei capitoli iniziali dei vangeli di Matteo e Luca che maggiormente testimoniano la preoccupazione di trasmettere le modalità della nascita di Gesù. Questi capitoli sono gli ultimi, cronologicamente, ad essere redatti, sebbene collocati all’inizio. Lo scopo della loro introduzione è quello di dire "Gesù è veramente nato come tutti gli uomini".
E’ importante dire quando è avvenuta, dove, chi era presente, perché qualcuno potrebbe mettere in dubbio che Gesù sia mai nato. E’ così che nascono quei brani sulla nascita del messia, che però, anziché placare la curiosità, l’hanno amplificata. A quel punto infatti sono sorte nuove domande.
Come è nato? E’ stato un parto come gli altri? Allora non è la nascita di un Dio. E’ nato miracolosamente? Allora non è vero uomo.
A conferma della veridicità di questi interrogativi stanno quei vangeli apocrifi che si sfogano letteralmente nell’immaginare tutto quello che i vangeli non dicono e che la curiosità umana vuole sapere. I primi concili ecumenici poi stabiliranno in modo dogmatico chi è Gesù, chi è Maria, chi è Dio, uno e trino, tutte questioni che i vangeli lasciano irrisolte, proprio a testimonianza del fatto che, appena finito il periodo delle catacombe, erano queste le questioni più importanti, quelle per cui ci si divideva e ci si scomunicava a vicenda tra cristiani.
Si comprende ora meglio il racconto tardivo dell’annunciazione e della nascita per opera dello Spirito Santo: Gesù è vero uomo in quanto figlio di una donna, e vero Dio in quanto generato in lei dallo Spirito Santo. E’ altrettanto chiaro però che questa preoccupazione non era centrale nell’annuncio primitivo. Per i testimoni oculari non c’era bisogno di dimostrare che Gesù fosse esistito, tutti l’avevano visto, e lo ricordavano, quello che era in discussione piuttosto era la sua resurrezione e l’azione del suo Spirito nella chiesa nascente. Maria era presente, certo, ma non così fondamentale come un certo devozionismo successivo volle mettere in mostra. Era sotto la croce, era nel cenacolo il giorno di Pentecoste, partecipava insomma alla vita comune degli apostoli, ma non si dice altro.
Và ricordato anche l’influsso che Paolo ebbe con i suoi scritti ed il suo bagaglio culturale nel pensiero dei Padri. Egli non parla di Maria, ma introduce il valore della verginità, sconosciuto per Israele.
Paolo è cresciuto in un ambiente dalle abitudini sessuali piuttosto dissolute, conosciute nel grande porto di Corinto. Dopo la sua conversione egli rigetta con forza tutte le espressioni del male ed avendo una certa esperienza negativa della sessualità propone con forza l’astinenza e la verginità.
Citando i suoi passi la riflessione cattolica successiva troverà un buon appoggio per promuovere una visione "peccaminosa" della sessualità, ed una tendenza a rifiutare come "indegno" tutto ciò che la riguarda.
"Con l’insegnamento di Paolo la sessualità viene progressivamente sottratta alla sfera del sacro".
Xavier Leon Dufour

Tutto questo lavoro di contestualizzazione del termine "vergine" nell’ambito ebraico, soprattutto riferito a Maria, madre di Gesù, sembra non essere stato fatto dai primi studiosi cristiani dei testi sacri. I Padri dei primi secoli (dal IV al VII, grosso modo) colgono in Maria solo la sua "verginità", non la sua testimonianza di fede, la fanno diventare una verginità permanente, utile per diventare un simbolo di perfezione, uno stato di vita al quale ispirarsi. Il quarto ed il quinto secolo sono il tempo dell'esplosione del monachesimo. Pare evidente, dietro questa "promozione" di Maria a "semprevergine" un concetto di sessualità come una cosa sporca e pericolosa, nemica della fede, della purezza e della spiritualità. Dio si era fatto uomo, ma gli uomini non lo incontravano perché erano troppo occupati a farsi come Dio.
La verginità di Maria appare come ciò che la rende grande agli occhi di coloro che su di lei hanno riflettuto e scritto costruendo a poco a poco l’immagine di lei. In breve tempo, questa dimensione di Maria si dilaterà fino a divenire totalizzante, fino ad impedire l’analisi di ogni altra sua caratteristica. Maria finirà per perdere molto spesso anche il suo nome: sarà la Vergine per eccellenza, la Vergine in senso assoluto
M.C.Jacobelli, Onestà verso Maria

La verginità della madre di Gesù diventa il luogo in cui meglio i padri della chiesa esprimono e tramandano da un parte il valore e la dignità di una scelta di consacrazione, dall’altra il loro basso concetto di sessualità, il loro obbrobrio verso gli atti genitali della natura umana. La verginità di Maria diventa velocemente una verità a sé stante, un modello di vita, un’immagine di donna, un’idea di santità che così bene combaciano con le sembianze di quella "semprevergine" tanto acclamata dal popolo cristiano.
Anche nel caso di grandi teologi come Ambrogio, Girolamo, Agostino, il messaggio della nascita verginale si stacca sempre più dal contesto cristologico e si trasforma in un’esortazione alla verginità e alla rinuncia del matrimonio.
T. Schneider, La nostra fede

Con il passare del tempo e l’accumularsi delle questioni teologiche non risolte nei vangeli diventa sempre più offuscata l’immagine di una Maria ebrea, una giovane ragazzina come le altre, desiderosa di sposarsi e di avere molti figli (questo significa essere "piena di grazia", questo significa per una donna come lei "il Signore è con te").
Oggi però abbiamo gli strumenti e le categorie mentali per ammettere che l’immagine di questa donna è stata forzatamente modificata e si potrebbe fare un discorso sulla verginità fondato su elementi diversi e più rispettoso di quegli aspetti della vita di Maria che non sapremo mai. Occorre fare piazza pulita di quei dogmi basati su nulla, come il concepimento senza seme maschile, il parto indolore, la mancanza di attrazione sessuale, la verginità dopo il parto, che da secoli hanno modellato in senso univoco la nostra visione di Maria.

Vergine nel concepimento
Questo aspetto del dogma cattolico è certamente il più robusto. Sia Luca che Matteo dicono esplicitamente che Giuseppe è estraneo al concepimento di Gesù. Non dimentichiamo però che si tratta di testi che vanno visti come una riflessione teologica proposta sotto forma di racconto quando ormai tutto il resto dei vangeli era già redatto e conosciuto.
Abbiamo anche passi come Gv. 1,45 e 6,42 che dicono che Gesù è figlio di Giuseppe.
I testi precedenti a quelli dei vangeli, le lettere della comunità cristiana nascente, non dicono nulla su tale evento. Nella lettera ai Galati, Paolo dice "quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge". Gal. 4,4
Tutto qua. Alcuni teologi moderni hanno scritto
Paolo non mostra nessun interesse per il "come" di tale incarnazione e non si occupa mai del tema della nascita verginale…. Nella Chiesa del I secolo, la tradizione della concezione e nascita verginale di Gesù o non era universalmente conosciuta e riconosciuta, o non era perlomeno considerata come decisiva e indispensabile per la fede in Cristo e la conoscenza di Cristo.
T. Schneider, La nostra fede
Il concetto formale e astratto dell’unione ipostatica (dell’unità tra Dio e l’uomo nella persona del Figlio divino) non esige la nascita verginale. L’unione ipostatica come tale potrebbe rendere realtà del logos anche una realtà umana, che nasce dall’azione della donna e dell’uomo.
K. Rahner
Matteo e Luca sottolineano la potenza e l’attività dello Spirito Santo nella nascita di Gesù, che è ben più importante dell’assenza di un padre umano o della cooperazione della madre vergine. … Tutto ciò, per quanto possiamo arguire, sarebbe stato possibile anche senza una nascita verginale, ma la testimonianza biblica indica in tale miracolo il mezzo scelto da Dio per introdurre il Figlio in questo mondo. Essa non ci dice nulla sulla fisiologia dell’Incarnazione, ma semplicemente che Maria si trovò in cinta per opera dello Spirito.
John Simpson, Guida alla Bibbia, EP, pg 515
La dottrina affermante la divinità di Gesù non verrebbe minimamente inficiata, quand’anche Gesù fosse nato da un normale matrimonio umano. No, perché la filiazione divina di cui parla la fede, non è un fatto biologico, bensì ontologico.
J. Ratzinger, Introduzione al Cristianesimo
Con gli elementi che abbiamo non si può certo giungere ad affrettate conclusioni. Non si può asserire che Maria abbia concepito Gesù in modo naturale, si andrebbe esplicitamente contro i due vangeli, ma non si può neppure essere tanto sicuri del contrario. Invece, su questo "contrario" si è lavorato parecchio per due millenni, e ora, mettere in dubbio verità che sono consolidate da una lunga tradizione ecclesiale, è ben difficile.

Vergine durante il parto
Riguardo alla verginità durante il parto, il vangelo non dice proprio nulla, ciò nonostante la tradizione cattolica è riuscita a leggerne un importante indizio nella traduzione della Volgata delle parole dell’angelo "nascerà santo". Nascerà cioè senza dolore. Interpretazione decisamente forzata. Se Maria poi è rimasta così pura durante il parto non si capisce perché sia andata ad offrire al tempio l’offerta per la purificazione come tutte le giovani mamme del suo paese. (confronta Levitico 12,8 e Luca 2,22-24).
Viene utilizzato Gv.1, 13 "non da sangue…" per dire che durante il parto non c’è stata effusione di sangue. Ci si arrampica sugli specchi. Se questa cosa fosse stata così importante ed evidente perché non raccontarla per esteso, chiaramente? Perché il vangelo più antico, quello di Marco, non ne fa parola? A volte si desidera così tanto trovare nei testi sacri quello che ci sta a cuore, che prima o poi finisce che lo troviamo, in un modo o nell’altro.
"Si domanda a quale fine serve questo prodigio, a quale verità di fede si ordina. Non si può dire che la verginità di Maria in partu abbia un reale interesse cristologico; all'idea d'incarnazione basta la concezione per opera dello Spirito Santo. Il problema dell'incolumità fisica di Maria non ha interesse se non nei riguardi di Maria stessa, o meglio, di un ideale di verginità, che si vuole vedere incarnato in Maria".
Giovanni  Miegge, La Vergine Maria, Claudiana

Faccio una breve pausa per riportare a questo punto un racconto apocrifo sulla natività di Gesù, tratto dal "Vangelo dello pseudo Matteo" già conosciuto verso la fine del IV secolo. I vangeli apocrifi, nati in età successiva a quella apostolica, fiorirono numerosi dalla base popolare cristiana per dare spiegazione su quei punti che nei vangeli rimanevano oscuri. La Chiesa , stabilendo un canone ispirato ben preciso volle mettere un argine a tali leggende, ma lei stessa in alcuni casi ne rimase invischiata facendo entrare alcuni personaggi, frutto di immaginazione, nella liturgia. Così è successo per l’invenzione dei genitori anziani di Maria, così per l’immagine del Giuseppe, marito anziano ed innocuo ancora presente nei nostri presepi, e così infine per il dogma della verginità "durante" e "dopo" il parto che non trova appoggio nei vangeli.
Giuseppe disse a Maria "Lasciati visitare, per vedere se per caso tu abbia bisogno di qualche cura". Allora ordinò loro (alle ostetriche) di entrare. Entrata Zelomi, Salome non entrò. Zelomi disse a Maria "Permettimi di toccarti. Dopo che lei si lasciò esaminare, l’ostetrica esclamò a gran voce dicendo "Signore, Signore grande, abbi pietà! Non si è mai udito né mai è stato sospettato che le mammelle siano piene di latte e sia nato un maschio restando vergine sua madre. Sul neonato non si è avuta nessuna macchia di sangue e nella partoriente non c’è stato dolore alcuno. Ha concepito vergine, vergine ha generato e vergine è rimasta"
All’udire questa voce Salome disse: "Permetti che ti tocchi e sperimenti se è vero quanto disse Zelomi". Dopo che la beata Maria si lasciò toccare, Salome mise la sua mano. Dopo che ebbe ritratta la mano che toccava, la mano le si inaridì e per il grande dolore cominciò a piangere disperatamente e ad angustiarsi gridando e dicendo "Signore Dio, tu sai che io sempre ti ho temuto, e ho curato i poveri senza ricompensa, non ho mai preso nulla dalle vedove e dall’orfano ed il bisognoso non l’ho mai lasciato andare via da me a mani vuote. Ed eccomi diventata miserabile a cagione della mia incredulità, in quanto volli senza motivo, provare la tua vergine."
Mentre così parlava apparve a fianco di lei un giovane di grande splendore, e le disse "Avvicinati al bambino, adoralo e tocca con la tua mano ed egli ti salverà: egli infatti è il salvatore del mondo e di tutti coloro che in lui sperano". Subito lei si avvicinò al bambino e adorandolo toccò un lembo dei panni nei quali era avvolto, e subito la sua mano guarì.
Quella mano inaridita di Salome non è solo un miracolo comprovante la verginità di Maria, ma anche un terribile monito per tutti coloro che a loro rischio e pericolo vorranno vederci chiaro in tale misteriosa faccenda.

Vergine dopo il parto
Escludendo i vangeli dell’infanzia il Nuovo Testamento parla 9 volte di Maria, 7 delle quali è associata ai "fratelli" di Gesù.
Alcuni padri della Chiesa come Gregorio di Nissa e sant’Agostino dicono che Maria, dicendo all’angelo "non conosco uomo" esprime il suo desiderio di rimanere vergine. Ma allora perché sarebbe promessa sposa di Giuseppe?
Come ci poniamo di fronte a quel passo di Matteo che dice: "e non ebbe con lei rapporti finché ella non ebbe partorito" dove, anche se non viene detto nulla di preciso, è implicito che i due, terminata la gravidanza, hanno avuto i rapporti coniugali normali di ogni coppia?
L’espressione del testo di Matteo 1, 24b-25 lascia impregiudicata la questione circa la perpetua verginità di Maria, successiva al compimento – nascita di Gesù. L’interesse dell’autore è quello di mettere in risalto il concepimento verginale di Gesù Salvatore ed Emmanuele.
Rinaldo Fabris
Si potrebbe dire che il metodo esegetico adottato dai padri della Chiesa non sempre è stato corretto. Essi prima hanno recepito l’immagine di Maria "semprevergine" perché essa ben si prestava a livello simbolico ad esprimere la loro idea di Chiesa e di sessualità e poi hanno cercato nei testi sacri un sostegno per tale tesi. Così facendo si rischia di scrivere libri interi sulle possibili interpretazioni di un mezzo versetto ambiguo e contemporaneamente tralasciare pagine che cercano di incamminarci verso un annuncio diverso.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992)
Il catechismo della Chiesa Cattolica, al capitolo 2, paragrafo 2, espone la dottrina cattolica su Maria ed insiste particolarmente sulla sua verginità permanente, prima, durante e dopo il parto, come segno della sua piena disponibilità all’azione della Grazia divina. Il pensiero mariologico non fa alcun passo in avanti rispetto al concilio Lateranense del primo millennio ed al pensiero di alcuni padri notoriamente sessuofobi, come sant’Agostino. Ecco la definizione sintetica del Catechismo:
Maria è rimasta "Vergine nel concepimento del Figlio suo, Vergine nel parto, Vergine incinta, Vergine madre, Vergine perpetua": con tutto il suo essere, ella è "la serva del Signore" (Lc 1,38).
La citazione sottolineata è presa da Sant’Agostino.
Contro il concetto letterale di "fratelli" il catechismo riporta Gen. 13,8. I padri dicono che se questi fratelli ci fossero stati Gesù avrebbe affidato Maria a loro, sotto la croce, e non a Giovanni. Come non si può dire con certezza che questi fratelli non siano esistiti, così non sarebbe molto corretto neppure battersi a spada tratta per il contrario. La questione non è sufficientemente chiara, se si vuole rimanere a quanto espongono i vangeli, ed in questa nebulosità forse dovremmo rispettosamente tacere. Per comprendere i motivi di tanto timore nell’avviare una analisi seria dei passi che parlano di Maria è sufficiente osservare come la sua immagine "immacolata" sia ancor oggi collegata ad un discorso severo e terrorizzato sulla sessualità.

Oggi, più ancora che nei tempi passati, i fedeli devono ricorrere ai mezzi che la chiesa ha sempre suggerito per condurre una vita casta: la disciplina dei sensi e della mente, la vigilanza e la prudenza per evitare l’occasione del peccato, la conservazione del senso del pudore, la moderazione nel godimento, le sane distrazioni e la preghiera assidua ed infine devono accostarsi frequentemente ai sacramenti della penitenza e dell’eucarestia. Soprattutto i giovani devono vivere con impegno la venerazione della Madre di Dio, preservata da ogni macchia di peccato originale, e seguire l’esempio della vita dei santi e di altri, in particolare di quei loro fratelli nella fede che si sono distinti per una casta purezza. Tutti devono avere in considerazione soprattutto la virtù della castità ed il suo raggiante splendore.
Congregazione per la Dottrina della Fede, 29 dicembre 1975

L’uso della figura immacolata della Madonna come donna tutta preghiera, tutta spirito, innalzata fra le nuvole, è frequente ogni qual volta si voglia parlare di castità, o di celibato a preti, suore in particolare, ma anche ai laici.
Cosa dobbiamo pensare dunque delle Madonne di gesso – le mani congiunte in preghiera, le vesti bianche e lunghe fino ai piedi sempre nudi, gli occhi pieni di nostalgia che guardano il cielo, la bocca piccola, rossa come le ciliegie, i capelli lunghi e sciolti che cadono sulla schiena – di quelle figure che vogliono stimolare l’orante a riflessioni tanto sensate quanto desensualizzate?
E. Drewermann, Funzionari di Dio

Concluderei queste pagine lasciando alcune domande aperte, alle quali non presumo di dare delle risposte, ma che d’altra parte non possono neppure essere ignorate solo perché sono scomode. L’invito come al solito, per me, e per la chiesa cattolica che mi ha fornito gli strumenti per una simile riflessione, è quello di convertirci, non tanto nelle parti basse, che notoriamente vanno un po’ dove vogliono, ma nella testa e nel cuore, là dove risiede la ragionevolezza e la capacità di distinguere, nei testi che la storia ci ha tramandato, ciò che è veramente importante.

Quali valori porta con sé la verginità in un occidente che non fa più figli?
E’ necessario spiegare tutto ciò che i vangeli non dicono? Non è questo un peccato di presunzione? La Parola di Dio non potrebbe avere qualcosa da insegnarci anche attraverso i suoi "silenzi"?
La Tradizione può arrogarsi il diritto di infallibilità solo per il fatto che possiede testi antichi? Non devono essere esaminati nel loro contesto, come pure si fa per i testi biblici?
E’ umanamente rispettoso proporre la scelta di verginità a chi non ha mai sperimentato una relazione di coppia? Hanno senso, ancor oggi, i seminari minori?
Perchè se l'omosessualità è contronatura non dovremmo dire la stessa cosa del celibato?
Come si fa ad essere "moderati" nel godimento?
appunti del 2001

martedì 2 ottobre 2007

Bugie davanti all'altare

Ho trovato sul sito del corrire della sera questa richiesta al matrimonialista dott. Rimini:

"io sono stata battezzata con rito cristiano ma da anni non sono piu' credente, il mio ragazzo invece lo e'.
ci vogliamo sposare e io pensavo che ci fosse una cerimonia apposita per queste situazioni, so che c'e' un rito tra persona religiosa e non religiosa, ma si puo' fare solo se quest'ultima non e' stata battezzata.
che lei sappia ci sono alternative o dovro' giurare cose che non credo?
grazie
"

Ed ecco la risposta dell'esperto
"Le informazioni che le sono state date sono esatte. Non esiste una formula matrimoniale specifica per due cristiani, di cui uno si dichiara non più credente".

Credo che questo breve scambio ponga un problema serio. Mi piacerebbe raccogliere pareri e magari anche qualche testimonianza su questo argomento.