domenica 24 agosto 2008

C.Maltese e costi della Chiesa

un bel dibattito tra Curzio Maltese e Davide Rondoni.

sabato 9 agosto 2008

Il metodo conciliare

Se c’è una costante nella storia della Chiesa che mi è sempre piaciuta è quella sana abitudine di riunirsi ogni tanto in un Concilio ecumenico.
Il Concilio è importante non solo come segno visibile, perché vede riuniti i vescovi cattolici attorno al papa, ma anche perché rappresenta un metodo veramente ecclesiale. Attraverso esso la Chiesa intera si riunisce per ascoltare tutte le voci e discernere il volere dello Spirito Santo.

Un po’ di storia
In venti secoli sono stati fatti 22 Concili, comprendendo anche quello della Chiesa nascente narrato in Atti degli apostoli 15.
Questi 22 Concili hanno visto una evoluzione che segna un cammino difficile, ma positivo. I primi Concili, che a livello dottrinale sono i più importanti, nascono in seguito a tensioni e liti interne, con lo scopo di definire una volta per tutte questioni che vedono divisi i vescovi tra loro. Sono Concili che escludono le dottrine sbagliate attraverso i famosi “anatema sit…” perché i cattolici non si perdano in esse. E’ il sistema della potatura: si tagliano i rami laterali per rafforzare il tronco principale.
L’ultimo Concilio, il Vaticano II, ha mostrato chiaramente una decisa virata in questo senso: da esclusivo, il Concilio è diventato inclusivo, momento in cui la Chiesa più che condannare si adopera per fondare le basi per un possibile dialogo, con i cristiani separati, con le altre religioni monoteiste, e addirittura con gli atei.
Altra evoluzione sta nel rapporto con la modernità. Mentre Trento, nel ‘500, ed il Vaticano I, alla fine dell’800 si erano posti su un piano più difensivo rispetto agli attacchi che venivano dal mondo protestante, poi dal modernismo, vediamo ora che il Vaticano II esce dalla logica dell’attacco o della difesa, per riscoprirsi più capace di ascolto sia al suo interno che nei confronti delle provocazioni che vengono dall’esterno. La Chiesa per la prima volta si rivolge al mondo intenzionata a dare il suo messaggio, certo, ma anche a ricevere i semi buoni che anche al di fuori di essa lo Spirito elargisce.
Il Concilio rappresenta la vivacità di una Chiesa che non basta a sé stessa, non si siede sulle sicurezze raggiunte, non rimanda ogni questione all’infallibilità del papa o del Magistero, ma convoca tutti attorno ad un tavolo ed invoca l’assistenza dello Spirito Santo.
Il Concilio di Costanza (1414-18) arrivò addirittura a sostenere la superiorità del Concilio all’autorità del papa. La risoluzione fu approvata, ma non promulgata dal papa (tra l’altro in quel periodo ci sono stati anche tre papi contemporaneamente… ma questo è un altro problema). Tale idea fu in seguito definita come un errore: il “conciliarismo”. Come spesso accade, quando nella Chiesa emerge un‘ idea veramente nuova, poi segue un periodo di ritorno al passato, e timore di aver osato troppo. Con il Vaticano I la Chiesa torna sui suoi passi affermando l’infallibilità del papa su questioni dottrinali. Tale affermazione sembra per un certo periodo la tomba di ogni futuro Concilio, ed invece nel 1962 papa Giovanni XXIII convoca quel grande Concilio che senza rispettare le aspettative di curia, senza decretare dogmi, né mettere all’indice eretici, ha visto il più grande raduno di vescovi i tutti i tempi.
Il Concilio dunque è vita. In seguito ai Concili la Chiesa ha sempre vissuto periodi di rinnovato entusiasmo e slancio missionario (penso in particolare al Concilio di Trento e al Vaticano II). Ciò è constatabile anche in senso negativo. Nei “secoli bui” – dal 870 al 1123 – la Chiesa non ha vissuto alcun Concilio, ma tante vicende oscure, fino alla grave separazione dalla Chiesa d’Oriente (1054).
Nei 100 anni che seguirono ci furono invece ben quattro Concili (lateranensi). Inoltre i Concili, da Nicea in avanti, hanno visto anche una progressiva compromissione con i poteri imperiali, per tornare poi a liberarsene con la caduta dell’Impero Romano e riscoprire la loro propria natura ecclesiale e spirituale in tempi più moderni.

Il Concilio Vaticano II
L’ultimo Concilio ha rinnovato molti aspetti della Chiesa, dal culto, al rapporto con le Sacre Scritture, al superamento delle divisioni tra clero e laici, al dialogo con il mondo e con le religioni, ma un cambiamento così radicale sembra a aver spaventato i vertici della Chiesa che negli ultimi 40 anni è sembrata nei suoi vertici istituzionali molto preoccupata di rimediare ai “danni” fatti dal Concilio.
I movimenti studenteschi del 68 e le agitazioni sociali dei primi anni 70 fecero fare marcia indietro al Vaticano per il timore che le frange estremiste avessero il sopravvento, e si assistette, a partire dalla Humanae Vitae, all’inizio ad una stagione di “no”, a destra e a sinistra, che oggi è ancora in corso e sembra diventata la norma.
Il clima ecclesiale oggi è ovviamente notevolmente cambiato, ma quel grande evento ecclesiale degli anni 60 continua a far discutere e a dividere, anche se tale discussione con il tempo si è sempre più spostata dalle piazze e dalle sale parrocchiali, alle scuole di teologia e alle riviste specializzate.
Ho letto qualcosa di Giuseppe Alberigo che dal 1995 al 2001 ha pubblicato per il Mulino cinque grossi volumi sulla “Storia del Concilio Vaticano II”, dando vita ad un dibattito su quello che viene definito lo “spirito” del Concilio, in contrapposizione alla “lettera” dello stesso. A queste pubblicazioni sono seguiti in particolare quelli di mons. Marchetto, vescovo giurista del Vaticano, e quelli dello stesso pontefice che nel natale del 2005 prese pubblicamente le distanze da Alberigo e dalla “scuola di Bologna” (che fonda le sue radici nel pensiero di don Giuseppe Dossetti) pur senza citarli esplicitamente, con un discorso in occasione del 40 anniversario della chiusura del Concilio.
In quel discorso Ratzinger definisce negativamente la corrente di Alberigo perché sostenitrice di una ermeneutica della discontinuità. Cioè lo mette tra coloro che hanno interpretato il Concilio come una specie di nuovo inizio, che si sbarazza del passato e tenta di costruire una nuova Chiesa, in discontinuità ed “alternativa” a quella precedente, come piace dire a me. Lui al contrario contrapponeva a questa una ermeneutica della riforma, che vedeva il Concilio in una certa continuità con quanto lo ha preceduto e soprattutto con quanto ha seguito (cioè il Magistero di Woitila ed il suo).
Questa distinzione tra discontinuità e riforma sembra oggi diventato l’unico terreno di confronto per una riflessione sul Concilio. Per quanto continui a guardarmi intorno vedo oggi solo specialisti che si esprimono su come vada interpretato il Concilio, sul pericolo più o meno condiviso di interpretarlo alla lettera e di ritenerlo un nuovo inizio che fa piazza pulita di tutto il resto della storia della Chiesa.
In tutto questo però provo una sorta di disagio: comunque lo si interpreti, comunque lo si legga o non lo si legga, ho l’impressione che questo grande Concilio abbia finito le sue cartucce. Oggi solo gli anziani si ricordano di quell’evento, e gli adulti lo ritengono un fatto passato, che non appartiene alla loro vita, e di cui non hanno nessun ricordo. Non parliamo dei giovani. Il Concilio è diventato una serie di documenti storici da studiare ed analizzare, come facciamo per tutti i documenti del passato. Oggi conta molto di più una affermazione a braccio del pontefice che un documento del Concilio, e continuare a parlare del Concilio non so quanto possa essere utile.

Un nuovo Concilio
Forse ce ne vuole uno nuovo!
Non uno di quei convegni - tipo Verona 2006 – dove prima di cominciare i testi finali sono già tutti scritti e pronti per la stampa. Non un raduno mondiale per i giovani dove il papa parla e tutti gli altri al massimo gli offrono un balletto tribale o qualche bambino da accarezzare. No, un confronto vero. Una cosa come il Concilio Vaticano II, ma nuovo, perché i cristiani che oggi hanno 18 anni lo sentano come “loro”, dove si parla di loro e dove anche loro possono parlare. Una grande assemblea dove si possa parlare di tutto ciò che un cristiano oggi vive con disagio: rapporti prematrimoniali, omosessualità, celibato facoltativo, sacerdozio femminile, forme alternative alla confessione auricolare di remissione dei peccati, contraccezione, eutanasia. Ma anche del proprio rapporto con la società, della libertà di coscienza, della convivenza con l’Islam, di ambiente, di boicottaggio di certe multinazionali, di guerre preventive, e perché no, visto che il papa ci tiene tanto anche di ragione e insostituibilità della cultura greca come base per un pensiero cristiano.
Vorrei che le energie che vengono mosse per agire sul piano emotivo, come ad esempio si fa per le grandi giornate della gioventù da ormai 25 anni, venissero mosse anche per smobilitare il piano razionale del mondo cattolico, che è troppo assente, troppo dipendente, troppo comodamente delegante verso preti e vescovi per ciò che riguarda il “date ragione della fede che è in voi”.
Sono ben convinto che un nuovo Concilio non risolverebbe i tanti problemi che non stiamo affrontando, anzi forse metterebbe il dito nella piaga e ne creerebbe di nuovi e di nuove spaccature. Come è successo subito dopo il Vaticano II. Ma almeno appassionerebbe. Mi farebbe sentire vivo in questa Chiesa. Partecipe, protagonista. Qualcuno finalmente, scandalizzatissimo, deciderebbe di scuotere la polvere dai suoi sandali e di andarsene, ma altri da fuori si avvicinerebbero. E Dio sa quanto abbiamo bisogno di questo!

La richiesta di un nuovo Concilio non è la fantasia di un pazzoide isolato. Vi sono petizioni sottoscritte da migliaia di persone e da decine di vescovi, consultabili ad esempio in www.proconcil.org. Significativo è l’intervento del cardinal Carlo Maria Martini nel 1999, al Sinodo dei Vescovi Europei:
“…Penso alla carenza in qualche luogo già drammatica di ministri ordinati e alla crescente difficoltà per un vescovo di provvedere alla cura d’anima nel suo territorio con sufficiente numero di ministri del vangelo e dell’eucaristia. Penso ad alcuni temi riguardanti la posizione della donna nella società e nella Chiesa, la partecipazione dei laici ad alcune responsabilità ministeriali, la sessualità, la disciplina del matrimonio, la prassi penitenziale, i rapporti con le Chiese sorelle dell’Ortodossia e più in generale il bisogno di ravvivare la speranza ecumenica, penso al rapporto tra democrazia e valori, tra leggi civili e legge morale.
Non pochi di questi temi sono già emersi in Sinodi precedenti, sia generali che speciali, ed è importante trovare luoghi e strumenti adatti per un loro attento esame. Non sono certamente strumenti validi per questo né le indagini sociologiche né le raccolte di firme. Ma forse neppure un Sinodo potrebbe essere sufficiente. Alcuni di questi nodi necessitano probabilmente di uno strumento collegiale più universale e autorevole, dove essi possano essere affrontati con la libertà, nel pieno esercizio della collegialità episcopale, in ascolto dello Spirito e guardando al bene comune della Chiesa e dell’umanità intera.
Siamo indotti ad interrogarci se, quaranta anni dopo l’indizione del Vaticano II, non stia a poco a poco maturando, per il prossimo decennio, la coscienza dell’utilità e quasi della necessità di un confronto collegiale e autorevole tra tutti i vescovi su alcuni dei temi nodali emersi in questo quarantennio. V’è in più la sensazione di quanto sarebbe bello e utile per i vescovi di oggi e di domani, in una Chiesa ormai sempre più diversificata nei suoi linguaggi, ripetere quella esperienza di comunione, di collegialità e di Spirito Santo che i loro predecessori hanno compiuto nel Vaticano II e che ormai non è più memoria viva se non per pochi testimoni…”

Per il prossimo futuro la speranza è che davvero si cammini verso un Concilio come quello invocato dal cardinal Martini. Un Concilio dove per ogni uomo presente ci sia anche una donna, dove per ogni celibe vi sia anche uno sposato, dove per ogni europeo, vi sia anche un indiano, un africano, un americano, un asiatico, un australiano…

sabato 2 agosto 2008

Humanae Vitae – 1968-2008


La Humanae Vitae è una enciclica scritta da papa Paolo VI e pubblicata il 25 luglio 1968: il suo scopo è quello di specificare la dottrina sul matrimonio cristiano. Nel documento viene ribadita la connessione inscindibile tra il significato unitivo e quello procreativo dell'atto coniugale; si ricordano anche l'illiceità dei metodi per la regolazione della natalità (aborto, sterilizzazione, contraccezione).
L’Enciclica è scaricabile sul sito del Vaticano a questo link


Nel 40esimo anniversario della Humanae Vitae il sito della rivista Micromega presenta una serie di interviste audio a mio parere molto interessanti di cui ripropongo l’ascolto

Il commento di Vittorio Bellavite
• Il commento di don Walter Fiocchi
• Il commento di don Aldo Antonelli
• Il commento di Giovanni Franzoni
• Il commento di don Andrea Bellavite


"Nessun fedele vorrà negare che al Magistero della Chiesa spetti di interpretare anche la legge naturale" (HV 4)

"Sorgono tensioni nocive nella Chiesa quando, richiamandosi al Magistero di origine divina, essa dichiara valide, senza eccezione, tutta una serie di norme morali secondarie, e perciò esige con forza una fiducia acritica nel Magistero, come se in passato e nel presente non si fosse mai sbagliato e non si fosse mai arrivati a imporre pesi eccessivi" Bernhard Hàring, Pastorale dei divorziati, EDB